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È razzista condannare gli «uomini africani» in generale?
Anche in un dibattito politico, non è ammissibile sminuire le persone a causa della loro etnia o del loro orientamento sessuale.
Incitare pubblicamente «all'odio o alla discriminazione contro una persona o un gruppo di persone per la loro razza, etnia, religione o orientamento sessuale» configura un reato penale. Il reato di discriminazione e incitamento all’odio mira a proteggere la dignità intrinseca e l'uguaglianza di tutte le persone. Mentre le semplificazioni e le esagerazioni sono comuni e ammissibili in un dibattito politico, le dichiarazioni non obiettive xenofobe o contro i queer sono punibili anche nel contesto di un dibattito politico. Ciò è stato confermato dal Tribunale federale nella sentenza del 24 aprile 2024.
Un politico locale pubblica post xenofobi e ostili verso i queer
Un politico locale pubblica sul suo profilo Facebook diversi post in relazione con la votazione «matrimonio per tutti». In essi, in generale, accusa i «rifugiati africani» di molestare sessualmente le bambine. Inoltre, descrive le persone di orientamento omosessuale come «innaturali». Il Tribunale distrettuale lo ha riconosciuto colpevole di ripetuta discriminazione e incitamento all'odio e lo ha condannato ad una pena pecuniaria sospesa condizionalmente. Il Tribunale cantonale superiore conferma la condanna e aggiunge inoltre una multa di 2.500 franchi. Contro questa sentenza il politico locale presenta ricorso in materia penale al Tribunale federale.
«Africano» è un termine collettivo per diversi gruppi etnici
Il politico locale sostiene che in Africa vivono innumerevoli razze ed etnie diverse, per cui non avrebbe potuto discriminare alcun gruppo etnico in particolare utilizzando l'espressione «rifugiati africani». Il Tribunale Federale, invece, afferma che il «destinatario medio imparziale» non intenderebbe il termine «rifugiati africani» come una designazione di un gruppo geografico, ma piuttosto come un termine collettivo per i gruppi etnici che vivono nel continente africano. È inoltre significativo che «la forma di espressione scelta evochi un'associazione con il colore della pelle nel destinatario medio». Le espressioni «uomini di origine africana» e «rifugiati africani» sono quindi utilizzate come termini collettivi per descrivere gruppi etnici e razze. (Vedi anche: «La norma penale antirazzismo vale anche per il Carnevale?»)
Chiunque definisca gli omosessuali «innaturali» sta violando la loro dignità umana
In un post su Facebook, il politico locale pubblica l'affermazione che il «matrimonio per tutti" è «un passo verso ulteriori richieste di adozione di bambini da parte di unioni innaturali». Egli nega che l'intento sia quello di suscitare emozioni o odio e fa riferimento in particolare a un passo biblico che qualifica il comportamento omosessuale come innaturale. Per il Tribunale Federale, tuttavia, l'affermazione del politico locale secondo cui il gruppo di persone con un orientamento omosessuale è innaturale viola gravemente la loro dignità umana.
Le affermazioni esagerate nei dibattiti politici devono rimanere nei fatti
Secondo la giurisprudenza consolidata del Tribunale Federale, è di fondamentale importanza in «una democrazia che si possano esprimere anche punti di vista che scontentano la maggioranza o sono scioccanti per molti». (Vedi anche: («Posso insultare i politici su Facebook?»)
Il reato di discriminazione non deve far sì che i partecipanti ad un dibattito politico non possano più esprimere critiche giustificate. Tuttavia, la critica deve rimanere complessivamente reale e fondarsi su basi oggettive. L'affermazione secondo cui i «rifugiati africani» adotterebbero bambini e poi li abuserebbero sessualmente se la proposta di legge venisse approvata non è reale e non si fonda su basi oggettive. Lo stesso vale per l'affermazione che le persone omosessuali sono «innaturali». Il politico locale non ha presentato argomenti reali né ha criticato lamentele specifiche. Secondo il Tribunale Federale, il messaggio fondamentale per il lettore medio è che gli omosessuali sono cittadini di seconda classe.
Il Tribunale federale ha respinto il ricorso del politico locale, confermato la condanna per discriminazione e incitamento all'odio e lo ha condannato a pagare le spese giudiziarie di 3.000 franchi.